venerdì 30 aprile 2010

Rocca Busambra


Godrano - Rocca Busambra

Giacomo Giardina Il Poeta Pecoraio

Giacomo Giardina: il poeta pecoraio
Giacomo Giardina nacque a Godrano il 30 Luglio 1903. Frequentò le prime due classi
elementari con il padre, insegnante, ma con scarsissimo profitto. Da giovane fu pecoraio nelle
campagne di Godrano. Negli anni '20, scoprì da autodidatta il futurismo, e iniziò a scrivere i
suoi primi componimenti, ispirati alla vita pastorale. Nel 1927 entrò in contatto con Marinetti,
che lo presentò ufficialmente al pubblico di Palermo, e nel 1930 lo incoronò a Napoli "poeta
record meridionale". Quand'ero peco raio , il suo primo volume, venne pubblicato dall'e ditore
Vallecchi, con una prefazione di Marinetti. Esplose il caso letterario. Nel 1944, Giardina
abbandonò l'attività letteraria per fare il venditore ambulante. Ma nel 1959, esortato da
Francesco Carbone, antropologo e critico d'arte, riprese a scrivere, vivendo, a Bagheria, in un
ambiente culturale vivo e stimolante. Nel dicembre del 1974, Guttuso gli scriveva, infatti:
"Caro Giacomo, fin dall'ormai lontana adolescenza ho imparato ad amare la tua poesia, la
fresca indipendenza della tua immaginazione, il tuo sentimento della natura e della gente
umile."
Francesco Carbone scriveva di lui e delle sue opere: "Una poesia (…)dell'uomo e dell'umano
(...) Godrano e Rocca Busambra (…) le sue Galassie; gli epicentri dai quali il poeta esplora il
suo mondo, (...)" Giardina scrisse infatti vari componimenti che avevano come tema Ficuzza, il
villaggio, ma anche il treno e la nostra Stazione, nell'ottica del mito del treno che ebbe tutta la
poesia futurista.
Ecco alcuni stralci di altre sue poesie:
La locomotiva degli anni venti ruggenti
Il sogno nel sogno sbucava da una galleria
piena d'acqua e fango: di lì la piccola Stazione di Ficuzza
con grande macchina ferroviaria che sbuffava…
saltava ovatta gialla dalle orecchie
di gente nana schiacciata
tra una foresta d'alberi, …a fisarmonica.
Forse mangiavo pizza e fumavo rivedendo la stessa
vaporiera realmente vera alla stazione di Palermo
l'altra sera: fun-fan fun-fan… era un'antica
macchina in pensione stile moderno furore d'allora:
ora guariva la paralisi guardandola impennacchiati
di nostra gelosia…noi fermi attenti: noi che trascorremmo
gli anni venti ruggenti aggrappati alla velocità dei treni
che scuotevano alberi facevano volare stracci
di giornali...Tanti e tanti ricordi ci trascinavano
ancora e ci strozzano, mentre i ponti fischiavano
gridavano e l'acqua increspata dai finestrini in velocità
scorreva con disegni di fiori cuori nomi stazioni.
Cefalù Gesso Pizzo Calabro Pompei Maddaloni
Verona...Quante emozioni ora dai tram a cavalli d'un tempo...
Fun-fan fun-fan è la macchina a vapore in pensione
che guardiamo fermi attenti alla stazione di Palermo
progresso-successo dell'Ansaldo anni Venti: armonia e geometria
già in milioni di chilometri esplosioni
di tubi tagliava la strada il petto a cerchio
in avanti girato da compasso matematico...
E via via trascinato dalla fantasia l'armonia
del tubo impennacchiato dallo sfogo bianco:
giù largo rettangolo rosso il numero laureato
brucia nel tempo...ATTENTO AL TRENO ma il treno non passa!
Affacciato al suo antico balcone
il vecchio macchinista orgoglioso nero di carbone
parlava della pianura Padana a grande velocità, là nella nebbia!
Parlava di Matteotti assassinato reazione
della folla operaia in Piazza Gordusio a Milano.
Scambi colori segnalazioni affacciato contro
il vento bruciato dal fuoco della neve... Fun-fan fun-fan...
sbuffo un sussulto che scoppiava dentro all'ottantenne
lombardo vegliardo amico della vecchia Vaporiera sempre
amica vicina che rimbomba:
ormai sua eterna tomba!
Da "Dante ambulante al mio paese" 1961/1981
"Dopo secoli d'arretratezza proprio quel giorno esplodeva
Rocca Busambra
saltava fuori meraviglioso giocattolo: il tre-ni-no a vapore:
sbuffando fischiando risvegliava di soprassalto
contadini e pastori
avvoltolati nel sonno antico dei loro padri (…)"
da "Nuova Rocca Busambra" Godrano- Bagheria 1958
"Non per aggrapparmi all'alta fuga d'ali intorno
a te ritorno!
Non per liquefarmi nelle tue fredde
sorgive che scorrono fra l'immenso polipo di radici
nutrici d'esercito selvaggio di pennelli-alberi,
verso la tela del cielo,
sbattuti dal vento creano favolosi quadri con mostri a nuvole,
geometrie d'uccelli, lampi-saettanti scie di cometa!
Da libero poeta ritorno a te (…)
A spettacoli di sogno, a miracolose realtà
assisterò in alto sulle cime,
al di là della cieca vita terrena. (...)"
Da Rocca Busambra
Rocca Busambra, quante lunghe
notti riposai al tuo piede granitico,
quante notti mirai la tua meravigliosa veste incantata
fasciata di scintillamenti, incipriata di luna
e carezzata d'echi dolci profondi. (...) santa povertà degli anni primi,
o dolce antico focolare,
soltanto queste semplici e grandi cose sento di amare!(...)
Sì: lontano da te non riesco a vivere,
e m'aggrappo ai pennelli degli alberi,
o Rocca Busambra, ora viola e ambra,
ora verde rossa azzurra nera rosa
grandiosa tavolozza del mondo
dove il rotondo sole
pittore
compone e scompone I suoi vivi colori.

venerdì 23 aprile 2010

Giacomo Giardina


Giacomo Giardina

Giacomo Giardina.jpg
Giacomo Giardina
Giacomo Giardina (Godrano1901 – Bagheria1994) è stato un poeta italiano.
Frequenta le prime due classi elementari sotto la guida del padre, maestro elementare, ma con scarsissimo profitto.
Negli anni della sua giovinezza fa il pecoraio nelle campagne di Godrano vivendo interi mesi lontano dalla famiglia, portando le pecore al pascolo e coltivando a mezzadria un campicello alle porte di Godrano.
Negli anni venti Giacomo Giardina sente parlare per la prima volta di Futurismo. Viene irresistibilmente attratto dalla poesia e comincia a scrivere le prime liriche ispirate alla vita pastorale, alla campagna di Bagheria e di Godrano. Comincia a farsi conoscere nell'ambiente culturale palermitano.
Inizia intorno gli anni 1927 la corrispondenza con Marinetti che lo esorta e lo stimola a continuare ripetutamente «avete ingegno lavorate con fede» Il fondatore del Futurismo avrà occasione, l'anno successivo durante un convegno a Palermo di presentare ufficialmente Giardina al pubblico.
Nel 1931 lo stesso Marinetti proclamerà il giovane pecoraio Giacomo Giardina «poeta record meridionale» che cingerà il capo con il casco d'alluminio e con una frase Lo identifica «Corpo di gabbiano assottigliato, quasi scarnificato nello sforzo di vincere il libeccio.» L'editore Vallecchipubblica il suo primo volume di liriche: Quand'ero pecoraio con la prefazione di Marinetti. Quasi tutta la stampa italiana se ne occupa diffusamente ed esplode il caso letterario.
Nel 1944 muore Marinetti. Giacomo Giardina abbandona l'attività poetica per fare il venditore ambulante a Godrano dove tiene contemporaneamente discorsi, elogi in occasione di matrimoni, battesimi, fidanzamenti, morti e feste religiose del paese. Sembra che l'attività poetica sia completamente un ricordo del passato.
Nel 1959 Francesco Carbone rispolvera il caso letterario con un articolo che scuote Giardina dal torpore intellettuale. Abbandona il mestiere di venditore ambulante e riprende a scrivere ed a interessarsi nuovamente ed attivamente di poesia.
Nel 1971 per le elezioni Centro Cultura Interdisciplinare, Francesco Carbone cura il volumetto di Giardina Guttuso nel mio quadro.
Nel 1972 la Galleria d'arte Valguarnera dedica una monografia con testo di Franco Grasso.
Per molti anni Giardina ha aiutato Nicolò D'Alessandro nelle ricerche necessarie per raccogliere i dati relativi alla sua attività artistica per una biografia, continuando a scrivere improntate al suo «iter» di poeta pecoraio futurista. Francesco Rosi lo ha voluto attore nel film: Cristo si è fermato a Eboli tratto dall'omonimo romanzo autobiografico libro di Carlo Levi. Nel luglio del 2009 Antonino Russo ha pubblicato il libro "Giacomo Giardina. Il poeta bucolico-futurista" presso ISSPE di Palermo.
Da Rocca Busambra
« Rocca Busambra, quante lunghe
notti riposai al tuo piede granitico,
quante notti mirai la tua meravigliosa veste incantata
fasciata di scintillamenti, incipriata di luna
e carezzata d'echi dolci profondi. (...) santa povertà degli anni primi,
o dolce antico focolare,
soltanto queste semplici e grandi cose sento di amare!(...)
Sì: lontano da te non riesco a vivere,
e m'aggrappo ai pennelli degli alberi,
o Rocca Busambra, ora viola e ambra,
ora verde rossa azzurra nera rosa
grandiosa tavolozza del mondo
dove il rotondo sole pittore compone e scompone I suoi vivi colori. »
(Giacomo Giardina)